Sono loro i protagonisti della nostra Associazione: i bambini.
In Ucraina i bambini stanno in strada, negli istituti, nei cosiddetti “orfanotrofi di transito”. È la fine della famiglia come punto di riferimento e strumento capace di fornire valori e crescita. È una fine inesorabile, che dipende da molti fattori: una crisi che riguarda mezzo mondo, che trova nel Paese dell’Europa dell’Est la sua capitale immorale. Quando abbandonano i bambini, le mamme ucraine firmano un documento che si chiama “scheda del rifiuto”. A volte non fanno neanche quello: semplicemente spariscono. Quando lo fanno, però, sono obbligate a motivare l’abbandono: “non posso educare mio figlio per motivi economici”, scrivono in prevalenza. È una ragione banalissima, ma fin troppo reale. Poi ci sono i disagi accessori: l’alcol, la tossicodipendenza nelle grandi città, le relazioni incestuose. La legislazione ha previsto delle norme apposite per regolarizzare l’abbandono, anche per cercare di limitare i casi di infanticidio, ma nonostante ciò le statistiche riportano cifre pari a 300-350 delitti compiuti ogni anno.
Da alcuni dati raccolti dalla Caritas Ambrosiana, emerge che in Ucraina i bambini abbandonati o orfani stabilmente residenti in un istituto sono circa 130.000. A questi si aggiungono i circa 25 mila bambini che ogni anno passano dagli orfanotrofi di transito (83 strutture in tutto il Paese). Questi orfanotrofi accolgono i bambini temporaneamente: poi vengono riportati alla famiglia o all’orfanotrofio vero e proprio. Si tratta perlopiù di minori di età compresa tra gli 8 e i 14 anni, in possesso, nel migliore dei casi, solo di un’istruzione primaria. In Ucraina, poi, ogni anno cresce il numero dei bambini che abita per strada, di questi il 5-10% sono orfani veri, ma la maggior parte di loro sono orfani sociali perché i genitori sono vivi ma non si prendono cura dei figli. Molti di questi minori vengono accolti dagli orfanotrofi di transito, dai quali, nella maggior parte dei casi, scappano per ritornare sulla strada.
La situazione drammatica dai bambini abbandonati, fa quasi dimenticare la tragedia di Chernobyl. Purtroppo invece il livello di contaminazione del territorio è pressoché invariato. A seguito delle esperienze acquisite negli anni, autorevoli ricerche effettuate dell’ENEA hanno dimostrato che l’ospitalità in Paesi non interessati dal disastro è risultata molto utile; dopo appena trenta giorni di soggiorno in una zona non contaminata un bambino perde dal 30 al 50% del cesio-137 assorbito (il radionuclide più presente nell’organismo dei bambini contaminati) riducendo così la possibilità di ammalarsi di tumori, sindromi cardiache, leucemia ed altre patologie collegabili alle conseguenze della radioattività. La continuità del progetto durante gli anni è conseguentemente molto importante.
Il conflitto con la Russia. A questi numeri già impressionanti, vanno aggiunti i 580 mila bambini a rischio che vivono nelle aree sotto il controllo dei separatisti da Kiev o comunque vicino alle linee del fronte. Secondo l’agenzia Onu per l’infanzia, almeno 200 mila di loro hanno bisogno di supporto psicologico, poiché le loro vite sono segnate da anni di violenze, bombardamenti e paura.
I progetti di accoglienza organizzati da Arca Solidale, riguardano tipicamente minori che provengono da Istituti o da famiglie disagiate e/o molto povere. I bambini sono proposti dai Direttori degli istituti o dai referenti locali.
Lo scopo dei Progetti di Accoglienza è quello di fornire ai bambini quello che a loro manca: corretta alimentazione, stabilità, affetto, sicurezza. Per ognuno di loro è importante avere qualcuno a cui rendere conto, essere ascoltati, essere amati, essere curati, essere seguiti nella crescita: avere qualcuno con cui confidarsi e parlare delle proprie paure, non temere di diventare grandi, di crescere insieme.
Cerchiamo di insegnare loro ad avere fiducia nel futuro, a non sentirsi abbandonati, perché c’è e ci sarà sempre sempre qualcuno che li pensa e non saranno dimenticati. “Prendiamoli per mano ed aiutiamoli ad attraversare la strada della vita”. Quando diventeranno maggiorenni e non potranno più essere accolti, la famiglia potrà seguirli ugualmente, continuando a dare loro l’aiuto di cui hanno bisogno. Nella stesso tempo ci si potrà occupare di un altro bambino, dandogli lo stesso affetto, lo stesso aiuto, la stessa opportunità.
[Riferimenti web: http://www.comunicareilsociale.com]