Istituti

Chiamatela pure il paese degli orfani. A Kiev sono tantissimi i ragazzi di strada, che vivono sottoterra. Un po meglio va a quelli in orfanotrofio, loro una piccola speranza ce l’hanno.

La capitale dell’Ucraina, città antica e metropoli moderna di quasi tre milioni di abitanti, è una matrigna che raccoglie in istituti, da tutto il Paese, migliaia di minori orfani o abbandonati dai genitori. C’è chi stima che siano 5.000, chi molto più del doppio.

Un genocidio silenzioso. Nell’intera Ucraina la cifra sale a 130.000, secondo dati “governativi”; a 300.000 secondo le associazioni umanitarie, e 70.000 sarebbero i minori internati in istituto. Così tanti che perfino una fonte ufficialissima come la Relazione sullo stato dell’infanzia, stilata dall’Istituto di scienze sociali, deve ammettere l’impossibilità di ricoverarli tutti negli internat, gli orfanotrofi statali, che sono 400, e di doverli alloggiare anche negli ospedali. D’altra parte, il 90 per cento dei neonati ha qualche malattia: asma e bronchite cronica le più comuni. E la tubercolosi, oltre 700.000 casi, è in continuo aumento. ” Un genocidio silenzioso, non causato da guerre, ma da povertà e malattie”: denuncia don Maxim Mauritsson, sacerdote e medico svedese che vive a Kiev dal 1993.

Perché tanti minori abbandonati? ” Basta un dato: il 70 per cento delle famiglie si divide dopo 5 anni di matrimonio. Il resto lo fanno la disoccupazione e la vodka”, ci spiegano alla Caritas cattolica di Kiev, che lavora con i bambini di strada e negli orfanotrofi. Nell’internat di Vasilkov, a 60 chilometri da Kiev, vivono 230 ragazzi. Assomiglia più a un vecchio manicomio che a una casa per la gioventù. A parte il cibo, manca tutto: banchi, quadri, divani. L’impianto di riscaldamento salta di continuo. La giovane direttrice confessa: ” Qui dovremmo formare sarte, ma non abbiamo macchine per cucire. Il corso per autisti non è partito perché le auto sono sempre a riparare, e quando escono dall’officina non hanno benzina. Lo Stato ci passa il 20 per cento di quanto avremmo bisogno, e non capisce che questi ragazzi, se non scappano prima, escono da qui pieni di rabbia e senza speranza”.

Arca Solidale in collaborazione con l’Associazione Cento Villaggi di Milano, collabora principalmente con l’Istituto di Borzna

(ndr. Articolo di Alberto Laggia – fonte Famiglia Cristiana)