Lyudmila esiste davvero e, come la protagonista del romanzo, è nata nel 1986. La famiglia di Patrizia Fortunati, autrice del romanzo, l’ha ospitata per dieci estati costruendo con lei un rapporto affettivo molto importante che ha cambiato per sempre le loro vite. La presenza dei “suoi italiani” è una costante nella vita di Lyudmila anche quando le estati in Italia restano solo un ricordo e la protagonista nella finzione romanzesca, è ormai novantenne. Ella ripercorre il lungo e difficile viaggio dal suo sperduto villaggio in Italia, le molte perplessità nei confronti di questi estranei che incomprensibilmente volevano ospitarla e il rapporto di fiducia lentamente costruito.
Lo spirito dell’accoglienza è tanto gratificante da non poterlo descrivere in poche righe. Ospitare nella propria casa un bambino – come nel caso di Lyudmila – che spesso per la prima volta prova l’affetto e la protezione di una famiglia, da tanto ai bambini, ma forse ancora di più restituisce alle famiglie ospitanti.
Patrizia racconta del suo sogno di scrivere un libro, oggi realtà. «L’anno successivo al disastro nucleare di Chernobyl, l’ONU – spiega Patrizia – ha fatto un appello a tutti i popoli del mondo, di accogliere per almeno un mese fuori dal territorio contaminato, i bambini coinvolti, in modo da far scomparire o almeno in parte, alcune radiazioni. L’Italia è stato il Paese che ha risposto di più e la mia famiglia era una di quelle. Dall’esperienza di accoglienza è nata l’idea di questo romanzo. Per la verità non è nato come un romanzo, ma è nato come una necessità mia di scrivere le emozioni che avevo vissuto. Inaspettatamente ho trovato un editore disposto ad investire su questo libro e quindi siamo partiti in questa avventura».
«La protagonista del racconto è proprio Lyudmila – continua Patrizia – la bambina che noi abbiamo ospitato. Lei è nata nel 1986, l’anno del disastro nucleare di Chernobyl. È venuta ospite a casa nostra che aveva quasi 8 anni. Nella prima parta, in cui racconto esattamente quello che è successo quando è arrivata da noi, descrivo tutte il suo stupore nel vedere una doccia, una tavola apparecchiata, la biancheria intima. Lei veniva da un villaggio di campagna nella Bielorussia meridionale, una parte molto colpita dal disastro nucleare. Ma lei non sapeva nemmeno cosa fosse Chernobyl. Vivendo in quelle zone di campagna, senza televisione e grandi mezzi di comunicazione, cresceva nell’ignoranza. È arrivata a casa nostra rachitica, con dei vestiti piccolissimi, tutta sporca e con delle scarpe giganti della sorella».
Perché “Marmellata di prugne”? «l’ho scelto perché mia madre mi ha cresciuta con quella marmellata fatta in casa e quando Lyudmila veniva in Italia ci facevamo merenda insieme. Quell’odore e quel sapore a me ricordano casa, a lei ha ricordano le estati lontane in Italia»
Oggi Lyudmila vive in Bielorussia per scelta, sta crescendo due bambine da sola, perché il compagno da cui le ha avute, dopo averla massacrata di botte, è sparito. La fortuna, se così possiamo definirla, di Lyudmila è stata proprio fare queste ‘vacanze’ in Italia. Le hanno permesso di conoscere un’altra realtà e l’hanno arricchita di un bagaglio culturale che ancora oggi le torna utile. «Anche se, paradossalmente, quelli che si sono ‘arricchiti’ di più in tutti questi anni, siamo noi, proprio grazie a lei».
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